(detto
il Grande). Re del Ponto. Figlio di Mitridate V Evergete,
ereditò a dodici anni il Regno dal padre che era stato assassinato. Nel
112 a.C. prese saldamente le redini del potere dopo essersi sottratto alla
tutela della madre, Laodice e aver eliminato il fratello Cresto, presumibile
aspirante al trono. Dato avvio al suo progetto di espansione territoriale,
divenne re del Bosforo Cimmerio, protettore di Chersoneso, signore della
Meotide, della Colchide e della Piccola Armenia. Conquistò e si
spartì, insieme all'alleato Nicomede III Evergete, re di Bitinia, la
Paflagonia (104 a.C.). Quando Roma, chiamata in aiuto dagli sconfitti,
protestò per bocca di Gaio Mario,
M. e Nicomede reagirono
conquistando anche la Galazia e, di seguito, la Cappadocia. Fu proprio il
possesso di questa regione, tuttavia, a determinare la frattura fra i due
alleati: Nicomede, rivoltosi ai Romani, ottenne che
M. abbandonasse la
Cappadocia, cui fu posto come sovrano Ariobarzane Filoromeo. Il genero di
M., Tigrane d'Armenia, riuscì in seguito a cacciare Ariobarzane,
sostituendolo con Gordio, a sua volta detronizzato dai Romani per mano di Silla.
Approfittando delle guerre sociali in Roma,
M. cacciò Ariobarzane
e Nicomede IV, nuovo re di Bitinia, per poi accondiscendere astutamente alle
richieste di Manlio Aquilio, che era stato inviato da Roma per restaurare i due
re. Quando, nell'89, Nicomede invase il Ponto, esplose la prima di quelle tre
guerre fra Roma e
M., che da lui presero il nome di
guerre
mitridatiche. I generali di
M. (Archelao, Neottolemo e Ariariate)
inflissero una dura sconfitta a Nicomede, mentre
M. sconfisse le milizie
romane di Aquilio.
M. ebbe così mano libera in Asia Minore dove,
sfruttando il sentimento antiromano delle classi sociali più povere,
divenne paladino dell'ellenismo contro gli invasori romani. Dopo che la Grecia
intera era caduta nelle mani del re del Ponto, Roma inviò nell'87 a.C.
Silla, che ottenne la sottomissione di gran parte della Grecia, espugnò
Atene (86 a.C.), sbaragliò a Cheronea le truppe di Archelao e, dopo
qualche mese, ottenne un'altra decisiva vittoria ad Orcomeno.
M. fu
costretto ad accettare l'onerosa Pace di Dardano (84 a.C.) che, oltre a
ristabilire la situazione territoriale antecedente alla guerra, impegnava
M. a pagare 2.000 talenti e a consegnare 70 delle sue navi. Mentre era
impegnato nel riordinamento del suo Regno,
M. fu attaccato dal suo
propretore Lucio Licinio Murena il quale, in spregio dell'accordo fra Silla e
M., invase il Ponto. Silla, dopo che Murena era stato ripetutamente
sconfitto, gli ordinò di ritirarsi (seconda guerra mitridatica 83-81
a.C.). L'occasione di un terzo confronto fu offerta, nel 74 a.C.,
dall'annessione romana del Regno di Bitinia, che venne a rompere gli equilibri
stabiliti nella Pace di Dardano. Lucullo guidava le milizie romane, mentre Marco
Aurelio Cotta era a capo della flotta.
M. riuscì a far perdere ben
64 navi ai Romani; Lucullo riuscì a liberare Cizico dall'assedio,
sconfisse a Cabira
M. e, inseguendolo nel cuore dell'Armenia, ottenne
un'altra importante vittoria a Tigranocerta nel 69 a.C.. Tuttavia le
ostilità degli ambienti politici romani lo costrinsero ad abbandonare
l'impresa, lasciando il campo libero a
M. (68-67 a.C.). Il conflitto era
destinato a riprendere ancora più acceso con l'invio di Gneo Pompeo a
capo di ingenti forze (60.000 uomini e 270 navi).
M. cominciò a
subire una serie di sconfitte, la più grave delle quali a Nicopoli.
Tradito da Tigrane,
M. continuò a combattere; rifugiatosi nel
Bosforo Cimmerio, egli organizzò un grande esercito allo scopo di
invadere l'Italia risalendo il Danubio. Tradito nuovamente, questa volta dal
figlio Farnace,
M. si suicidò (132-63 a.C.).